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Mi chiamo Pietro Dall’Olmo, ma sono da sempre per tutti Piero; lavoro e vivo a Brescia dove gestisco un pub nel quartiere San Bartolomeo, vicino al Rigamonti, lo stadio della mia città

“Quando Samurai mi ha chiesto l’intervista ho accettato con entusiasmo, non tanto per vanità, ma perché ho intravisto l’occasione di sedermi, tracciare un bilancio della mia esperienza nel karate e di riflettere su pensieri e idee che spesso fanno capolino nel mio quotidiano, ma che non avevo ancora ordinato”.

- Un breve aneddoto, i momenti più importanti.
“Ripensando al passato insieme alla valanga di emozioni, ricordi e amicizie che il karate mi ha fatto incontrare, emergono 3 momenti che hanno segnato il mio percorso e che ricordo con particolare piacere.
“Il primo fa riferimento al periodo del servizio militare, quando fui chiamato come carabiniere e mi fu data, nell’arma, la possibilità di praticare ogni giorno karate con un prestigioso gruppo milanese allora guidato dal capitano More Luigi Zoia; mi sembrò di toccare il cielo con un dito; furono quindici mesi indimenticabili vissuti in un ambiente che mi ha dato molto dal punto di vista umano, e mi ha offerto, appunto, l’opportunità di dedicarmi intensamente a ciò che più mi interessava…il karate.
"Il secondo momento che ho vissuto con particolare emozione è stato quando sono diventato maestro; ha significato aggiungere al mio modo di vedere il karate una nuova prospettiva che non strideva con quella avuta fino ad allora, ma che mi arricchiva, responsabilizzava e, come tutti i nuovi punti di vista, mi dava la possibilità di studiare in maniera più approfondita ogni cosa.
"Il terzo momento risale a dieci anni fa, quando, insieme ad altri maestri e società, abbiamo deciso di condividere insieme, il nostro modo di vivere il karate, rendendolo il collante di forti rapporti di amicizia. Tutto questo si è concretizzato fondando il gruppo agonistico Obiettivo karate do Brescia, di cui sono molto orgoglioso di essere presidente".

- A scelta di un'arte. Perché il karate? Il momento della scelta; i risultati.
"Ma a monte di tutto, come sono arrivato a tutto questo? O meglio come sono arrivato al karate?
"Siamo nel 1969, non si conosceva ancora molto del karate; la gente ancor oggi fatica a capire perché si parli di arte marziale, allora era addirittura incomprensibile.
"lo ho iniziato, come molti, perché mi piaceva l'idea del confronto diretto con l'avversario, ma mi sono accorto presto che il confronto diretto era un buon sistema per esprimere il proprio modo di essere, è difficile fingere ciò che non si è nel kumite; lì emergono, gioco forza, i nostri pregi, ma anche le nostre debolezze, sulle quali, prendendo coscienza, possiamo cominciare a lavorare... è un po' come la ricerca di un artista per migliorare il proprio modo di esprimersi; ecco l'arte marziale.
"Il risultato più importante che ho ottenuto... forse vi aspettate che a questo punto elenchi dei risultati agonistici, in verità senza voler essere demagogico o lezioso, non ho dubbi nell'indicare nel rapporto quotidiano con i miei allievi il risultato più grande; mi riferisco alla stima che ti riconoscono le persone che frequentano la palestra; io lo leggo come l'attestato che il karate che insegni riesce a dare qualcosa di importante a ognuno".

- Ieri e oggi. Una valutazione di come è cambiato il karate-do.
"Cosa è cambiato da ieri a oggi... Beh ricordo che agli inizi spesso si era chiamati a dare spiegazioni ad amici e conoscenti sul perché si faceva karate. Allora era visto come un qualcosa di stravagante e chi si avvicinava era guardato con un po' di sospetto... le cose sono, in questo senso, cambiate molto; le scuole di karate si sono moltiplicate, la didattica d'insegnamento si è evoluta, è accresciuta l'attenzione agli aspetti educativi oltre che a quelli legati allo sviluppo motorio che il karate può fornire ai bambini; nelle palestre si vedono anche persone sopra i 60 anni a testimonianza che ognuno può trovarela propria strada nel karate...

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