Quest’arma infatti rappresentò l’anima vivente del guerriero samurai. In occidente la spada serviva per combattere, e anche quando entrò nella leggenda, rimase sempre uno strumento da utilizzare per il conseguimento della missione. In Oriente la spada viene considerata un kami, un essere che salva la vita e dà la morte, quindi su di essa gravita un grosso potere. La forma della spada ha certamente subito un’evoluzione con l’andare del tempo, dai primi pezzi in bronzo e poi in ferro fino ad arrivare alla spada fatta in un solo pezzo, con un solo filo con lunghezza variabile da cinquanta a novanta cm. Con l’avvento del Buddismo, arrivarono in Giappone anche spade corte e a doppio taglio, ma molto probabilmente è in Cina che bisogna andare per ricercare la progenitrice della nostra katana giapponese. Le armi fabbricate dagli armaioli, erano composte dalle più segrete miscele di acciaio e con un’alta percentuale di carbonio. La durezza della lama, era invece dovuta ai vari raffreddamenti ottenuti in acqua a diverse temperature, e il taglio affilato e resistente, si era avuto levigando lo strato esterno, in oltre un particolare interessante è rappresentato dalla presenza vicino all’impugnatura, di un simbolo oppure di una scanalatura lungo tutta la lama, in modo tale da far scorrere il sangue.
Sull’impugnatura veniva riposta una guardia (tsuba) presente in una grande varietà di stili; di solito piatta caratterizzata da un foro centrale per il codolo della lama, e due fori, per altri inserimenti. Tra gli oggetti da inserire nella tsuba, ve ne erano due spesso utilizzati: il kozuka un piccolo coltello e il kogai uno spillone, quest’ ultimo spesso utilizzato per igiene personale, con entrambe le impugnature che passavano per i fori della tsuba. L’impugnatura o tsuka era in legno, rivestito di pelle di razza (same), al di sopra della quale era avvolta una treccia di seta, in modo da lasciare visibili una coppia di piastre ornamentali, (menuki) e zone di same a forma di losanga (rombo). Data l’importanza che la spada rivestiva nella società giapponese, non suscita meraviglia il fatto che i forgiatori fossero tenuti in altissima considerazione. Spesso il fabbro era di nobile origine e doveva comunque condurre un’esistenza più che dignitosa, quasi religiosa astenendosi da qualsiasi eccesso. Quando si accingeva a fondere una spada, doveva vestirsi con un abito particolare, portare il cappello, mentre una fune veniva distesa sopra la fucina e sorreggeva amuleti contro gli spiriti maligni. Si racconta di un fabbro, di nome Masamune, il quale forgiando una spada si accorse della presenza nell’acqua della mano furtiva di un altro fabbro, che cercava di sentirne la temperatura; ma Masamune gliela tagliò con un colpo secco. Sicuramente si credeva che la personalità del fabbro, si trasfondesse in qualche modo nelle sue lame. Spesso si era soliti provare le lame delle katane sui cadaveri di criminali giustiziati o addirittura su uomini vivi; si racconta a tal proposito, che un condannato a morte aveva notato la presenza di un collaudatore di spade per cui esclamò: “se lo avessi saputo prima avrei inghiottito grosse pietre per rovinare il taglio della tua preziosa lama”.
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